mercoledì 11 marzo 2015

Maršrutka


Partiamo da Svaneti con la maršrutka (pullman), che arriva da Mestia a Tbilisi in una lunga giornata. Il percorso fa un’ampia svolta all’ovest, attraverso Zugdidi e Kutaisi, e poi prende la strada principale all’est, che conduce alla capitale.

Ci svegliamo presto, e nella debole luce della mattina scendiamo con cautela lungo la ripida pista ghiacciata dal nostro alloggio sulla collina fino alla strada principale di Mestia, dove il pullman ci attende. Siamo tra i primi passeggeri, ma c’è già un uomo seduto nella parte posteriore del pullman, che fuma con negligenza. Viaggiamo per poche ore in semi-oscurità. Di tanto in tanto nella luce dei fari si delineano figure in piedi accanto alla strada. Se segnalano, ci fermiamo a prenderli come passeggeri, o solo consegnano larghi pacchetti al conducente, che lui ripone nel portabagagli nella parte posteriore. I mercati di Tbilisi sono evidentemente fornite da questi pullman che portano i prodotti locali provenienti da tutto il paese.


Circa a metà mattina ci imbattiamo in un incrocio, dove due uomini stanno in piedi nel fango accanto ad alcuni pacchetti ingombranti. Segnalano al conducente di fermarsi. Salgono al bordo del maršrutka, nominando la loro destinazione, Tbilisi, e si spingono attraverso lo spazio stretto fino ai restanti posti vuoti nella parte posteriore del pullman. Uno di essi, un giovane alto, indossa un tipico berretto grigio di feltro della Svaneti, a forma di mezza melone, con una croce nera sulla cima. Indossa occhiali spessi, e porta in mano una panduri, il tradizionale piccolo liuto georgiano.

La strada è inquieta, tormentata, scivola come un serpente nel fango di febbraio, seguendo il fiume come suo compagno che schiuma giù nel fondo della valle. Le sue curve e serpentine lanciano i passeggieri della maršrutka a destra, poi a sinistra, al modo di un pendolo invertito. Passiamo sopra valli marroni e verdi che sono già pronti a una primavera fulgente da arrivare in qualche settimane, la cui promessa ancora si nasconde sotto il fango, le rocce umide, e i boschi spogli. Il conducente spesso deve schivare le pietre e occasionalmente massi sparsi che cadono sulla strada dalle rocce che fiancheggiano la strada. Una volta ogni tanto anche noi passeggieri dobbiamo scendere e aiutare a pulire la strada dalle pietre, affinché il viaggio possa continuarsi.


Viaggiamo per alcuni chilometri lungo la strada, e dopo ogni curva è come se un sipario si alzasse per rivelare una nuova scena di montagna, ciascuna più splendida della precedente. La luce del mattino presto mette in rilievo dettagli inaspettati, una cima coperta di neve bianca sopra una giogaia blu, una montagna splendente nello sfondo di una nuvola grigia, o il lucicchio di un torrente che corre giù sul fianco della montagna, e fa brillare le rocce nere che copre. Pecore e capre bianche e nere si raggruppano nelle valli erbose, mentre ci avviciniamo alla pianura. Mucche rossastre vagano nei campi e villaggi, e spesso anche sulla strada.

All’improvviso, nella parte posteriore del pullman, il giovane svan finisce di pizzicare senza meta il suo panduri, e comincia di cantare.


Shenma survilma damlia

შენმა სურვილმა დამლია
შენზე ფიქრმა და სევდამან.
შორს წასვლამ, ხშირად გაყრამან
გულის თვალებით ხედვამან

šenma survilma damlia
šenze p'ikrma da sevdaman
šors č'asvlam xširad gaqraman
gulis tvalebit xedvaman
.
Il desiderio per te mi ha svuotato
lasciando solo pensieri tristi
e dolor di cuore, e ti vedo
con gli occhi del cuore.
ცაზედ მოდიან წერონი,
მწკრივადა, ჯარის-ჯარადა
ვერა ხედავთა ტივლებო,
ცრემლი ჩამამდის ღვარადა

cazed modian č'eroni
mč'k'rivada, jaris-jarada
vera xedavta t'ivlebo
cremli čamamdis ǧarada
.
Le cicogne volano alle acque
della pianura dell’Adjaria.
I miei occhi, pieni di lacrime,
non vedono più le montagne.
შენ ჩემს გულს ვეღარ მაიგებ,
ჩემი სათქმელიც ის არის,
გადამაგდე და დამკარგე
როგორც ჩერქეზმა ისარი.

šen čems guls veǧar maigeb
čemi satkmelis is aris
gadamagde da damk'arge
rogorc čerkezma isari
Hai perso il mio cuore
ecco cosa ti dico: mi hai
gettato via, e io sono fuggito, come
la freccia circassa che vola lontano.

Ecco la versione cantata dalla famosa cantatrice di musica georgiana, Lela Tataraidze:


Lela Tataraidze: Shenma survilma damlia, da qui

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